©Archivio Centro Storico Ribelle

In altre giornate, di altre estati, Alfio Sassella sarebbe stato in malga, all’Alpe Cavizzola, a oltre 2000 metri di altitudine sulle Orobie. Si sarebbe alzato il mattino all’alba per mungere e per accudire gli animali, le sue vacche Brune – le Brune originali – gestite con il pascolo turnato come una volta, mentre la moglie Sonia avrebbe lavorato con grande sapienza il formaggio. Questo è il mestiere che Alfio ha fatto con passione ed eccellenza per tutta la vita.

Era uno dei ribelli del Bitto, il gruppo di produttori che vent’anni fa ha avviato la resistenza casearia in Valtellina, la rivolta dei sovversivi: “eravamo considerati così, solo perché volevamo che le vacche mangiassero erba” dice Paolo Ciapparelli, il loro leader storico.

Il risultato fu la nascita di un’associazione e nel tempo la gestione collettiva di una casera di stagionatura, la banca del formaggio. La costruzione di un mito caseario.

Oggi tutti nel mondo sanno dov’è la Valgerola e conoscono l’esperienza collettiva del Presidio Storico ribelle, dalla quale tanti casari, malgari, traggono forza e ispirazione.

Alfio se n’è andato, in un caldo agosto, nel pieno della stagione in malga che lui amava così tanto, in un momento in cui le ragioni delle sue battaglie purtroppo sono nuovamente in discussione, lasciando però una grande eredità alla sua famiglia, a sua moglie Sonia e ai giovanissimi figli Michele e Manuela.

Alfio, ci dicono i suoi compagni ribelli, era il più vero tra i veri.

Lo ricorderemo a Cheese, insieme a loro.