Dicembre è il momento dei bilanci. Per le persone, per le aziende, per i brand. È naturale, quasi fisiologico, fermarsi un attimo e guardarsi indietro: cosa abbiamo fatto, costruito, dove siamo arrivati.
Anche nella comunicazione aziendale questo si riflette in modo evidente. A fine anno i canali si riempiono di messaggi che raccontano l’azienda e i traguardi raggiunti.
Non c’è nulla di sbagliato in tutto questo. Anzi, per molti brand è un passaggio importante di posizionamento e consolidamento. Il problema nasce quando questo racconto resta solo interno, o è troppo autoreferenziale, e perde un’occasione preziosa: trasformare il bilancio dell’anno in valore anche per chi ascolta.
Perché a Natale i brand B2B parlano più di sé
Osservando la comunicazione di fine anno, soprattutto nel mondo B2B, emerge un pattern piuttosto chiaro.
Dicembre diventa il mese dei contenuti istituzionali: post celebrativi, video corporate, messaggi di auguri che fanno il punto sull’azienda, sui progetti realizzati, sulla crescita.
È una dinamica comprensibile. Il B2B ha cicli lunghi, relazioni consolidate, e una comunicazione che spesso privilegia affidabilità, solidità, continuità. Raccontarsi a fine anno significa rassicurare: “siamo qui, abbiamo lavorato, abbiamo esperienza”.
Inoltre, è uno dei pochi momenti dell’anno in cui l’azienda può permettersi una comunicazione meno commerciale e più identitaria. Non si vende, si racconta.
Il rischio, però, è che questo racconto rimanga un monologo, anziché diventare un dialogo.
Il successo dei “recap” pubblici (e cosa ci insegnano)
Da anni esiste un format che funziona benissimo: il recap pubblico dell’anno.
Spotify Wrapped è l’esempio più noto, ma non è l’unico. Sempre più brand raccontano l’anno appena trascorso in modo condivisibile, visivo, centrato sull’esperienza dell’utente.
La forza di questi format non sta tanto nei dati, quanto nel punto di vista:
non “cosa abbiamo fatto noi”, ma “cosa è successo con te”.
Questo approccio funziona perché sposta il focus dal brand al valore generato. L’utente si riconosce nel racconto, si sente parte della storia, non semplice spettatore. Ed è proprio qui che il mondo B2B, spesso, si ferma un passo prima.
La domanda da porsi è:
Questo racconto è utile anche per chi ci legge?
Dal bilancio aziendale al racconto condiviso
Non si tratta di “smettere” di parlare di sé.
Parlare della propria azienda a fine anno è legittimo e, in molti casi, necessario.
Un recap efficace però non dice solo cosa abbiamo fatto, ma prova a raccontare:
- che impatto ha avuto quel lavoro
- cosa ha significato per clienti, partner, mercato
- cosa abbiamo imparato lungo il percorso.
È una sottile differenza, ma cambia completamente la percezione.
Il contenuto resta istituzionale, ma diventa anche utile, interessante, memorabile.
Come costruire un “Wrapped” utile anche per i clienti
Un recap di fine anno, anche in ambito B2B, può diventare uno strumento di comunicazione molto potente se cambia prospettiva. Serve chiarezza, sintesi e intenzione.
Un buon punto di partenza è chiedersi:
- cosa di quest’anno può essere significativo per chi lavora con noi?
- quali temi, non solo risultati, raccontano davvero chi siamo?
- cosa di questo percorso può essere portato nel futuro?
In questo senso, il recap diventa una forma di storytelling strategico: consolida il posizionamento, rafforza la relazione e prepara il terreno per l’anno che arriva.
Non è solo un “guardarsi indietro”, ma un modo per accompagnare chi legge verso il prossimo passo.
Conclusione
Dicembre resta il mese dell’identità, ed è giusto che i brand B2B si prendano uno spazio per raccontarsi.
La differenza, oggi, sta nel riuscire a trasformare questo racconto in qualcosa che non sia solo autocelebrativo, ma condivisibile e soprattutto rilevante.
Così la comunicazione di fine anno può diventare uno strumento strategico, non solo un rituale.