Per non sentirsi soli - Assif

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Da sempre, di fronte a un intervento di Roger, provo invidia.
Non quella brutta che ti buca lo stomaco, quella sana che di fatto è stima, ecco sì chiamiamola così! Stima verso un collega che, acciderbolina, trova sempre le parole giuste nel momento giusto.

A Fundraising To Say è successo di nuovo.

Roger ha portato un tema vecchio come il mondo, no non pensare male! Sto parlando della Relazione, il mattone base del fundraising ma anche delle nostre vite.
Poco prima di partire per Fundraising to Say, ho letto l’ultima newsletter della McMusa che parlava appunto di relazioni e di come nel 2030 ci sarà una nuova epidemia negli USA: quella della solitudine e sì, questa cosa fa paura!

La relazione, se ci pensi, è un motore potentissimo, ti lega agli altri e non ti fa sentire sola. Ti tiene connessa ad altre persone, ti fa sentire parte di una comunità e proprio dal confronto con gli altri si cresce e si creano opinioni, punti di vista. La relazione ti fa aprire a temi che mai avresti considerato, ti fa attivare e ti fa fare “cose” che magari non avresti mai fatto.

Nel Fundraising la relazione è centrale, perché è lo strumento “magico” che ci connette con il nostro donatore. Mi piace immaginarla come un filo invisibile che ci lega e che porta il donatore a pensare a noi o ad attivarsi quando entra in contatto con le nostre campagne.

Tutti noi abbiamo una missione: raggiungere l’obiettivo di raccolta fondi che ci viene dato e per farlo abbiamo bisogno dei donatori.
Ma tutti noi sappiamo anche che non possiamo vedere i nostri donatori solo come delle “mucche da mungere” (uso questa espressione che qualche anno fa avevo letto proprio in un libro di Grandi Donatori), ma prima di tutto sono persone.

Una persona è fatta di un suo vissuto, di emozioni, pensieri, opinioni, punti di vista, sfumature che, tutte insieme, l’hanno portata sulla via della nostra organizzazione non profit e a piccoli passi si è avvicinata a noi e sta camminando con noi perché si è creata una relazione, appunto. Ci ha sostenuto, magari con poco, facendo anche delle rinunce perché il bilancio famigliare non era dei migliori, altre volte ci ha versato quel bollettino, ma dopo ci ha chiamati dicendo: “Non lo dica a mio marito, ma ci tenevo”, come mi è veramente successo.

Questi sono gli eroi delle nostre organizzazioni, perché credono fortemente in quello che facciamo, come lo ha dimostrato la coppia di donatori di cui Roger ci ha condiviso la storia.

Marito e moglie, lui malato, scelgono di rispondere al mailing di natale mandando un messaggio alla bambina protagonista della campagna. Un messaggio bello, sincero. Un gesto nato in un contesto familiare di malattia di una persona anziana, che avrebbe potuto pensare alle difficoltà che stava attraversando, eppure quella bambina meritava una risposta.

Poco tempo dopo, la signora ha comunicato che il marito era mancato e, passata qualche settimana, la signora ha chiamato chiedendo informazioni per un lascito testamentario.

Come ha tenuto a precisare Roger, non è tipico che un donatore da mailing massivo faccia un percorso di questo tipo, ma se succede capisci quanto sei riuscito a stare vicino a quelle persone, ad essere presente, a non lasciarle sole. Quanto il tuo ente è stato per loro motivo di gioia, ispirazione, speranza, a volte anche dolore e voglia di riscatto.

Una raccolta fondi che non pensa prima ai soldi, ma che con uno sguardo human centric punta alla persona che, se ben accompagnata e curata, farà azioni straordinarie.

Quando si lavora con gli individui, la raccolta fondi non raccoglie tanto in poco tempo. A tal proposito mi viene in mente l’immagine della mia bisnonna che faceva l’uncinetto. Ricordo che doveva fare un pizzo per bordare una tovaglia rosa. Quel lavoro sembrava non terminare mai, nonostante lei avanzasse spedita, la tovaglia era davvero grande. Finalmente era arrivata alla fine e quel pizzo era preciso, perfetto, curato in ogni dettaglio.
Sfortunatamente non ha fatto in tempo a vederlo applicato sulla tovaglia, ma oggi, ogni volta che mia mamma la usa nei pranzi di famiglia, non possiamo dimenticare la cura e la dedizione che quella piccola signora dai capelli argentati aveva dedicato a quel pizzo. Un piccolo capolavoro, che ci accompagnerà sempre.

Ecco, avere a che fare con i donatori per me è questo.
Come diceva Antoine de Saint-Exupéry: “È il tempo che hai perduto per la tua rosa, che ha reso la tua rosa così importante.

Francesca Cerutti

Recapiti
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