Con il Ddl Lavoro collegato alla Legge di bilancio per il 2025, viene introdotta una misura che fa scattare il meccanismo delle dimissioni per fatti concludenti in modo nuovo: il rapporto di lavoro viene considerato risolto per volontà del lavoratore, non applicandosi le disposizioni sulle dimissioni telematiche, se il lavoratore è assente ingiustificato per più di 15 giorni o per il diverso periodo previsto dal CCNL applicato.
Il datore dovrà, in questa ipotesi:
– inviare all’INL una comunicazione sull’assenza;
– comunicare, poi, al Centro per l’impiego la cessazione del rapporto per volontà del lavoratore.
Perciò, d’ora in avanti sarà l’assenza in sé a determinare la risoluzione del rapporto di lavoro.
La norma è finalizzata a evitare un comportamento volto a conseguire abusivamente il trattamento di NASpI.
Il termine che fa scattare le dimissioni per fatti concludenti
Sul termine che fa attivare le dimissioni va precisato che i diversi termini previsti dalla contrattazione collettiva non legittimano il licenziamento disciplinare (ad esempio, come nel CCNL Industria Metalmeccanica che consente il licenziamento se l’assenza supera i 4 giorni consecutivi). Si tratta di fattispecie distinte, che possono avere una regolamentazione nel contratto collettivo, in mancanza della quale valgono le previsioni di legge.
La novità consente al lavoratore di dimostrare in un momento successivo che, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile non ad egli ma al datore di lavoro, è stato nell’impossibilità di comunicare i motivi dell’assenza: In tal modo verrebbe meno l’intervenuta risoluzione del rapporto di lavoro, e questo ripristinato con effetto retroattivo.
Redazione redigo.info