Dimissioni per fatti concludenti: chiarimenti dal Ministero del Lavoro - redigo.info

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Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la circolare n. 6 del 27 marzo, ha fornito chiarimenti sul tema delle dimissioni per fatti concludenti, previsti dall’art. 19 del Collegato Lavoro. In particolare, il documento analizza i limiti temporali delle assenze ingiustificate, le comunicazioni obbligatorie da parte del datore di lavoro e il ruolo dell’ispettorato del Lavoro.

La circolare distingue due tipologie di procedura: la prima riguarda il licenziamento per assenze ingiustificate, che si attua quando il lavoratore non giustifica la propria assenza entro i termini previsti dal CCNL; la seconda è quella delle dimissioni per fatti concludenti, che si verifica dopo 15 giorni di assenza ingiustificata, calcolati in giorni di calendario.

Il Ministero ha specificato che in caso di assenze superiori ai 15 giorni, la dimissione avviene automaticamente, senza necessità di seguire una procedura contrattuale specifica, almeno fino a quando non verrà prevista una modifica nei CCNL.

Un altro punto cruciale riguarda l’obbligo del datore di lavoro di comunicare l’avvenuta dimissione all’Ispettorato del Lavoro, indicando i dati necessari per l’identificazione del lavoratore. Tale comunicazione, che può essere effettuata anche dopo il sedicesimo giorno di assenza, segna l’inizio dei cinque giorni entro i quali il datore di lavoro deve formalizzare la cessazione del rapporto tramite il modello UNILAV. La circolare afferma anche che il lavoratore deve essere informato di tale comunicazione, anche se la legge non obbliga tale notifica.

Nonostante i chiarimenti, permangono dubbi circa l’applicabilità delle dimissioni per fatti concludenti in situazioni particolari, come nel caso di gravidanza, matrimonio o assenza per motivi familiari. In questi casi, la procedura può essere soggetta a restrizioni specifiche che limitano la possibilità di considerare tali dimissioni valide. Inoltre, l’Ispettorato del Lavoro ha un ruolo limitato, in quanto non può ripristinare il rapporto di lavoro, ma solo verificarne la legittimità.

Redazione redigo.info

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