Il femminile si lega intrinsecamente al cibo nell’immaginario comune: non in termini di potere, ma di naturale intimità.

Venuti al mondo, il corpo di una donna produce il latte che ci nutre e sigilla con l’amore il nostro rapporto col cibo.

Eppure abbiamo una trave nel piatto: “Le donne e la terra sono sfruttate allo stesso modo: trattate come territori di conquista e utilizzate come risorse”, Maria Reyes, diciannovenne attivista messicana per la crisi climatica.

E alla dimensione metaforica corrisponde la concretezza drammatica di un quotidiano sofferto che obbliga alla ribellione. Nel settore alimentare le donne sono costrette, pur con le loro secolari competenze, nelle retrovie dei ristoranti, dietro a celebri cuochi uomini; nei campi la forza lavoro femminile è sfruttata quanto e più degli uomini e sottoposta a prevaricazioni sessuali; lontane dai ruoli apicali e decisionali, nelle organizzazioni le donne non sono sufficientemente rappresentate. Ma il cibo può essere strumento di emancipazione.

Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia
da Il Fatto Quotidiano di lunedì 3 marzo

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