In un mondo in cui agli esseri umani ci si riferisce come consumatori, questi ultimi dovrebbero considerarsi la più potente ed estesa lobby del Pianeta. Chi consuma, d’altra parte, esaurisce (dal latino consumere, portare a termine). Non è una definizione (e una pratica) di cui andar fieri: soprattutto in un’era nella quale è chiara, in tutta la sua tragicità, la finitezza delle risorse naturali che abbiamo consumato scelleratamente.

La battaglia per guadagnare le simpatie del consumatore si combatte sul packaging accattivante, sulla strategia di marketing che lo accompagna, e, come per ogni altra merce, sul potere di acquisto che è in grado di esprimere. Ma abbiamo una trave nel piatto: l’enorme potere politico dell’acquisto consapevole. Meditato. Ponderato.

Un acquisto che non risponde all’impulso basico della ricompensa, ma che esprime preferenza e sostegno: a una certa filiera, a un certo tipo di coltivazione, di allevamento, di trasformazione. Noi cittadini abbiamo la possibilità di cambiare le logiche di produzione e distribuzione alimentare ormai insostenibili.

Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia
da Il Fatto Quotidiano di lunedì 10 marzo 2025
L’articolo completo è disponibile dal pomeriggio di martedì 11 marzo.