Costruire comunità inclusive e rigenerative: intervista a Mauro Giardini, Presidente CEAS

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Nel Comune di Mentana, città metropolitana di Roma Capitale, Cooperativa sociale CEAS sta lavorando a un grande progetto che verrà presentato in un evento in programma il 6-7 settembre 2025. Ce ne parla Mauro Giardini, Presidente di CEAS, realtà che da anni ha sviluppato un rapporto di collaborazione con Leroy Merlin e a fine anno scorso ha ospitato un’iniziativa legata al nostro progetto I FormidAbili LAB.

Qual è la storia di CEAS?

CEAS nasce nel 1999 come emanazione dell’ente morale Associazione Fraternitas. Mi onora esserne da allora il presidente. Siamo una cooperativa sociale inserita in una rete di imprese sociali. Ci occupiamo di adolescenti e giovani adulti che vivono percorsi legati ad abusi e maltrattamenti. È proprio il fatto di lavorare coi ragazzi che ci ha spinto nella direzione della generatività, che oggi è parte integrante della nostra mission.

Quando è nata la collaborazione con Leroy Merlin?

Negli anni 2017-2018. Avendo a che fare con ragazzi adolescenti che spesso hanno dei tempi da “occupare”, abbiamo pensato che avremmo potuto appunto occupare il loro tempo rigenerando spazi della nostra città. Partimmo da una scuola di Roma, a Monte Sacro. Nel Comune di Mentana, invece, ci occupammo di quello che allora era uno spazio semi-abbandonato e che poi è diventato il museo civico Archeologico di Mentana. Un risultato ottenuto grazie al lavoro fatto insieme ai ragazzi ma anche grazie al contributo volontario dei collaboratori di Leroy Merlin nell’ambito dell’iniziativa Lessons for Good, in cui l’azienda mise a disposizione i materiali per la ristrutturazione. Insieme a Leroy Merlin abbiamo anche aperto l’Emporio Fai da Noi “Da Nando” e il vivaio sociale. Ecco, tutte queste iniziative per noi sono state “primordiali”, come io le definisco, perché ci hanno indicato la strada e dato la spinta per fare un passo ulteriore: provare a creare un modello, un sistema, per dare continuità e prospettiva alle attività. Così sono nati contatti con tante organizzazioni, persone, compagni di viaggio, e passo dopo passo abbiamo strutturato le attività su cui oggi siamo impegnati. Che rappresentano un modello di circolarità unita alla rigenerazione.

Che rapporto c’è tra circolarità e rigenerazione?

Un rapporto molto stretto. La circolarità ispira comportamenti che riducono lo spreco: di cibo, di materiali, anche lo spreco di energie. Si prende ciò che altri considerano “scarto” e lo si riutilizza, nel nostro caso per occupare e sostenere i ragazzi nel loro percorso, ma anche per sostenere le associazioni e in qualche caso gli stessi enti locali, che spesso hanno difficoltà a gestire ad esempio spazi e parchi pubblici. Tutti questi “scarti” vengono poi convogliati verso nuove attività, produzioni, iniziative, progetti: pensiamo in particolare all’agricoltura, ma non solo. Ed è qui che diventano rigenerative.

Può fare qualche esempio?

Le finestre: quelle che non possono essere vendute, perché hanno minimi difetti pur essendo in ottimo stato, e che noi ritiriamo. Diventano strumenti per costruire, non da sole ovviamente ma insieme ad altri materiali come il legno, luoghi che possono avere varie funzioni: sono le nostre casette, che io chiamo “acquari” perché da esse si può osservare la campagna a 360°. Possono ospitare ad esempio il pastore che ha bisogno di riposare in attesa che il gregge si muova. Possono accogliere i giochi dei bambini che vanno in campagna per fare il pic-nic. Possono diventare un bar dove fare una festicciola. Non sono un’idea nostra, l’abbiamo presa da una fattoria sociale che abbiamo visitato a Francoforte. Altri esempi: assi di legno non più vendibili che diventano tavoli su cui disegnare scacchiere per il gioco, da mettere nelle casette. Oppure: lampadine riciclate che vengono poi portate a chi ne ha bisogno ma magari non può permettersele. Sono tutte attività in cui possiamo coinvolgere i ragazzi per offrire loro un’opportunità di riappropriarsi della loro dignità di esseri umani. Teniamo presente che ci rivolgiamo alle fasce più fragili della popolazione, per le quali cose che buona parte della popolazione dà magari per scontate appaiono invece irraggiungibili, perché le urgenze che devono affrontare sono spesso basilari: pagare una bolletta, mangiare, curarsi. Per noi, quindi, rigenerare significa ridurre il disagio, andando ad affrontarlo là dov’è, come dire a casa sua, in modo che violenze e maltrattamenti siano ridotti sul campo. Non significa organizzare spazi come i classici centri che finiscono per moltiplicare ed esasperare il disagio, bensì costruire luoghi là dove la connessione non c’è per offrire l’opportunità di riportare alla luce e poi di soddisfare bisogni relazionali. Offrendo, anche, opportunità di scelta, come facciamo negli Empori solidali che gestiamo: siamo andati oltre l’idea tradizionale del pacco alimentare e mettiamo le persone in condizione di scegliere, al banco, cosa pagare coi punti delle proprie tessere. Per fare questo, però, occorre farsi carico di tutta la comunità, dei nuclei familiari, in modo che i ragazzi sentano che non sono soli ma hanno le stesse possibilità degli altri e non sono condannati a restare indietro. Al riguardo, uno dei nostri progetti più importanti è l’apertura di una casa per l’accoglienza rigenerativa.

Una “casa per l’accoglienza rigenerativa”: sembra molto interessante! Di cosa si tratta?

Nel 2019 il ministero dei Beni Culturali ci ha affidato in gestione per vent’anni Villa Dominedò, a Mentana, e il parco circostante. È un edificio costruito a metà del ‘900 a ridosso di un sito archeologico di straordinaria importanza, l’Arce di Nomentum, che dopo varie vicissitudini era finito in abbandono. CEAS, grazie anche a materiali forniti da Leroy Merlin, ha lavorato alla sua ristrutturazione, non ancora completata. Vogliamo farne appunto una casa per l’accoglienza rigenerativa, cioè un luogo destinato allo scambio con la comunità, perché la rigenerazione non può fare a meno dello scambio. In diverse parti la villa è comunque già operativa. Ospita ad esempio BioAs, l’Associazione nazionale Bioagricoltura sociale, di cui CEAS è socio fondatore. E anche il laboratorio della nostra Radio-T-Radio, che abbiamo avviato nell’ambito del progetto DoinMYCivis e che intendiamo rilanciare, magari insieme alla vostra I FormidAbili Social TV, per offrire ai ragazzi un canale in cui raccontare le loro fragilità ma anche intervistare, conoscere, dire cosa pensano del mondo che stiamo loro lasciando. Nella villa svolgiamo inoltre laboratori creativi per bambini e ragazzi, feste, ospitiamo ragazzi occupati in lavori di segreteria o di manutenzione del parco. Ci piacerebbe anche dare spazio a realtà come (RI)GENERIAMO, affinché possano trovarvi una seconda casa e un luogo appunto di incontri e scambio. Nella villa, inoltre, si aprirà l’evento di settembre.

Che evento sarà quello del 6-7 settembre 2025?

A Mentana stiamo lavorando insieme agli enti locali da più di una decina d’anni intorno a un’idea: dare forma a una città e a una comunità che sa prendersi cura di sé stessa sotto ogni aspetto e che in virtù di questo sa essere inclusiva, accogliente e autenticamente rigenerativa. Il 6-7 settembre alla Festa del Sociale, che si aprirà a Villa Dominedò, presenteremo tutto il lavoro fatto intorno a quest’idea. Sarà una visita itinerante, in città, ai tanti luoghi che si prendono cura della comunità: empori, nidi, scuole, associazioni, parchi rigenerati, comunità educative e servizi educativi territoriali, housing sociale per l’emergenza abitativa, apriranno le porte per mostrarsi alla cittadinanza e presentare il loro modello di città, e di comunità, che ha sviluppato risposte al disagio e alla fragilità sociali e le condivide. Un modello, anche, di economia, perché nel prossimo futuro l’economia o sarà civile, o non sarà.

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