Lo Spineto: allevare naturale è una lotta di tutti

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Un piccolo allevamento allo stato brado nella food valley parmense, a pochi chilometri dai “giganti” dell’allevamento industriale. Potrebbe sembrare folle eppure per Tiziana Sfriso è stata «la scelta perfetta». Tutto inizia all’incirca nove anni fa quando lei, laureata in informazione scientifica sul farmaco e impiegata in tutt’altro lavoro, decide di avviare da zero il progetto dell’allevamento, partendo prima da uno studio meticoloso della terra per arrivare solo poi a scegliere gli animali. Oggi il progetto si è concretizzato ne Lo Spineto, un allevamento di suini allo stato brado che Tiziana gestisce insieme al marito. 

«Ogni animale ha bisogno del suo habitat e quindi ho studiato attentamente il terreno che avevamo a disposizione: un’area marginale, dove c’è una sorgente e un bel prato, un po’ di bosco, e anche un frutteto. Così, trovandomi a Parma, ho deciso di investire nel suino Nero di Parma» racconta la produttrice che è anche presidente di Confagricoltura donna Parma.

Un allevamento al 100% brado e naturale

Si tratta di una razza autoctona resistente e rustica, quasi estinta fino ad alcuni anni fa. «Gli unici esemplari sono stati trovati nel nostro appennino proprio perché erano lasciati liberi e si cibavano di ciò che trovavano nel bosco» spiega Tiziana. Oggi sono solo in quattro ad allevarlo in zona, di cui due allo stato completamente brado, uno dei quali è Lo Spineto.

Qui la coppia alleva una media di 100 capi l’anno: «potremmo arrivare al massimo a 174, ma preferiamo farli vivere bene, in maniera naturale ed ecologica» precisa l’allevatrice -. Gli animali sono sempre all’aperto, liberi di muoversi nei quattro ettari dedicati. Nessuna stalla, vivono completamente bradi: quando hanno bisogno si riparano nelle capanne, e mangiano quello che trovano tra vegetazione, ghiande e castagne d’inverno, in estate anche la frutta che trovano nella macchia o nel frutteto, più una piccola integrazione di cereali in buona parte coltivati internamente con metodo biologico. 

Parola d’ordine: resistere

Oltre ai suini, Tiziana e il marito da poco più di un anno hanno avviato un allevamento di bovini da carne e da latte in un podere di circa 70 ettari, per diversificare la produzione anche in considerazione delle numerose incertezze che gli allevatori di suini vivono oggi a causa della peste suina africana. 

«La nostra non è stata una scelta semplice, in particolare con il contesto attuale. Noi abbiamo investito in recinzioni sin dall’inizio perché in Emilia-Romagna c’era già una normativa per l’Aujeszky, una malattia legata sempre ai selvatici. Ma farlo oggi sarebbe improponibile per i costi, considerato il rischio. Se trovano un cinghiale infetto vicino all’azienda, io sono costretta ad abbattere tutti i capi, nonostante da noi non ci sia la minima contaminazione esterna: non entrano persone esterne, gli animali stanno benissimo, in salute, non abbiamo mai necessità di chiamare il veterinario».

Al contrario di ciò che avviene nelle realtà industriali da cui sono circondati: «siamo l’anello debole della catena e forse anche quello più sacrificabile, ma resistiamo. Viviamo in un momento molto frustrante, ma il bilancio di questi nove anni è positivo. E lo rifarei, perché è anche giusto. Chiudere invece non lo sarebbe, non solo per noi ma soprattutto per i consumatori: la direzione è quella dell’animale allevato al chiuso, dell’uso di razze standard, dei prodotti tutti uguali, ma non è giusto, e non solo per noi ma anche per chi acquista. Questo è il messaggio che deve passare: è una lotta di tutti, non solo nostra».

La qualità va raccontata

La coppia applica lo stesso approccio alla trasformazione e alla vendita dei prodotti, tutti salumi tipici della zona che vengono trasformati da una realtà artigianale locale che hanno selezionato negli anni: tutto in maniera naturale, senza conservanti, con una grande attenzione alla stagionatura, che è «l’elemento fondamentale per dare un valore aggiunto alla qualità del prodotto»

«Quando mi dicono “il vostro è come il patanegra”, rispondo di no! Nel patanegra ci sono zuccheri, conservanti, gli animali sono allevati in gabbia… e invece i nostri sono prodotti che vanno raccontati, spiegati, che dobbiamo e vogliamo vendere noi: lo facciamo nel punto vendita aziendale, aperto una volta a settimana o su prenotazione, ma ci piace tanto farlo durante i mercati o gli eventi e raccontare la nostra realtà». 

Lo Spineto è uno delle oltre 40 aziende che partecipano al mercato di Distinti Salumi, che si snoda nelle vie e nelle piazze di Cagli – Piazza Matteotti, Piazza Papa Nicolò IV e Via Leopardi, ed è accessibile sabato 26 aprile dalle 10:00 alle 19:00 e domenica 27 aprile dalle 10:00 alle 18:00. Scopri tutti i produttori presenti!

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