PRISM è un giovane brand di Milano di “moda che fa bene”, come dichiara sul proprio sito, che ha posto a fondamento della sua attività i valori dell’inclusione sociale e dell’economia circolare. È fra i partner con cui (RI)GENERIAMO offre il servizio di Riparazioni solidali. Ne parliamo con il fondatore di PRISM, Giovanni Lucchesi.
Qual è la storia di PRISM?
PRISM è una Società benefit nata per promuovere l’inclusione sociale e lavorativa di persone fragili, declinata nell’ambito sartoriale. Siamo partiti nel 2021 con un piccolo brand che riuniva alcune piccole sartorie sociali, successivamente si è deciso di gestire direttamente la produzione. Oggi in PRISM lavorano una ventina di persone, in rappresentanza di una quindicina di Paesi. Principalmente si tratta di persone provenienti da migrazioni, dalla detenzione e di persone rifugiate. Le intercettiamo attraverso diversi canali: gli uffici del Comune di Milano che si occupano di inserimento lavorativo, la Caritas, gli enti del Terzo settore.
Quali sono le vostre principali attività?
La prima è legata al nostro brand: noi lo creiamo, lo produciamo e lo commercializziamo, anche in collaborazione con realtà del commercio equo e solidale. Poi c’è la produzione per conto terzi, all’ingrosso, che abbiamo avviato già nel 2022 e poi consolidato. L’anno scorso abbiamo posto le basi per il progetto delle riparazioni sartoriali, che stiamo sviluppando quest’anno, nel quale collaboriamo con (RI)GENERIAMO e Leroy Merlin. Ora siamo impegnati ad aprire un nuovo progetto nel B2b che prevede la creazione di una rete nazionale di sartorie sociali, in forma di associazione: l’obiettivo è proporci per servizi di riparazioni sartoriali a grossi player del settore tessile italiani ed internazionali, con alcuni dei quali già lavoriamo.
Com’è avvenuto l’incontro con (RI)GENERIAMO?
Sono stato io, avendo letto con interesse alcuni articoli sull’attività di (RI)GENERIAMO, a cercare un contatto diretto. Da lì ci siamo conosciuti e abbiamo deciso, verso la fine del 2024, di avviare una collaborazione. Che è diventata operativa solo di recente, anche per via del trasloco che abbiamo fatto in una nuova sede, poiché eravamo alla ricerca di spazi più grandi. Oggi PRISM è attiva sul servizio di Riparazioni Solidali su tutti i negozi Leroy Merlin di Milano e provincia.
Perché la scelta di essere una Società benefit fin dalla nascita?
La nostra priorità è dare lavoro. Cerchiamo persone già in possesso di competenze in ambito sartoriale spendibili sul mercato del lavoro, per far sì che abbiano uno stipendio su cui contare. Non abbiamo sovvenzioni pubbliche né private, contiamo solo col fatturato. Anche per questo cerchiamo di avere un ambito di attività il più possibile variegato, così da ampliare la platea di persone che riusciamo a coinvolgere. Vogliamo mostrare che anche un’impresa “normale”, una srl, può essere attiva in ambito sociale e ricercare un impatto sociale. Per questo abbiamo scelto di essere Società benefit fin dalla nascita: per coniugare una visione di ottimizzazione delle risorse, tipica del profit, con una visione prettamente legata al sociale, tipica del non profit, con l’obiettivo ultimo di attivare un circolo virtuoso capace di creare benessere per tutti.
Come si realizza un approccio come questo in un settore come quello dell’alta moda?
Riuscire a ottenere buoni risultati dipende in parte da noi, ovviamente, e in parte da come si pongono le aziende partner. A volte troviamo aziende non autenticamente interessate al progetto, che semplicemente seguono un po’ il trend della sostenibilità. Lo si capisce quando non c’è nessun tipo di disponibilità all’accompagnamento dei progetti, quando l’attenzione è unicamente rivolta al prezzo, o quando il peso assegnato all’interno dell’azienda alla sostenibilità è marginale. Ci sono invece aziende che hanno un management effettivamente desideroso di lavorare con imprese orientate a generare impatto sociale. Lo si capisce dal loro desiderio di cambiare, magari anche solo un passo alla volta. Perché è chiaro che le aziende, specie se molto grandi, non possono cambiare dall’oggi al domani: a volte è la stessa rigidità burocratica di alcune grandi aziende che può diventare un ostacolo, al di là della volontà del management. Per parte nostra, dobbiamo mettere le aziende che intendono cambiare nelle condizioni di avviare e avanzare nel cambiamento. Dobbiamo porci, cioè, come fornitori qualificati. Vuol dire essere partner solidi e affidabili in termini di livello di qualità produttiva, di capacità gestionale, di interazione commerciale. Vuol dire soprattutto efficientare i processi produttivi, un percorso reso non semplice dal fatto che al nostro interno lavorano persone che parlano molte lingue diverse e appartengono a culture anche molto diverse. Soprattutto, dobbiamo essere capaci di instaurare buoni rapporti personali, direi empatici, con i nostri interlocutori all’interno dell’azienda, perché è un fattore decisivo. In ogni caso non possiamo però aspettarci che un’azienda lavori con noi solo perché abbiamo un obiettivo sociale: dobbiamo meritarcelo.
Ci può dire di più del progetto di creare una rete nazionale di sartorie sociali? Ci interessa in modo particolare…
La premessa è che affinché questo progetto abbia un senso, serve il lavoro. La rete, cioè, ha senso se è operativa, se ha degli obiettivi specifici. Il nostro obiettivo, attraverso la rete, è quello di fornire un servizio sia a partner con cui già lavoriamo, e che in alcuni casi già ci hanno chiesto di ampliare l’attività su altre città, sia a eventuali nuovi partner. Si tratta di un servizio e di un lavoro territoriale, localizzato, perché per un servizio centralizzato non ci sarebbe motivo di moltiplicare tutta una serie di costi attraverso una rete territoriale. Abbiamo già deciso di dedicare una persona a tempo pieno allo sviluppo del progetto, che oggi riguarda i servizi di riparazione per l’abbigliamento B2b. Ma tra fine anno e inizio del prossimo vogliamo fornirli anche alla calzatura, coinvolgendo i calzolai. Sempre l’anno prossimo vorremmo avviare il servizio nel B2c, anche tramite una app su cui stiamo lavorando, e anzi l’idea è di farlo diventare una delle nostre attività principali. Il coinvolgimento di (RI)GENERIAMO ci farebbe certamente piacere.