Prosegue il ciclo delle Cook to Action, le formazioni per e con la rete dell’Alleanza Slow Food dei Cuochi. Nell’ultimo incontro dal titolo “Per fare un buon formaggio ci vuole… un tuffo nei prati stabili”, insieme ai nostri ospiti, abbiamo parlato di valorizzazione e conservazione dei prati stabili, tanto di montagna come di pianura. Abbiamo ascoltato voci diverse: di cuochi, pizzaiole, produttrici e tecnici per toccare con mano la complessità di questo argomento e cosa significhi salvaguardare queste aree per portare avanti simultaneamente un’opera di conservazione sociale, culturale e di paesaggio.
Che cosa sono le Cook to Action?
Le Cook to Action nascono come momento di formazione sui temi più importanti di Slow Food, ma diventano anche occasioni di condivisione tra i membri della rete, per incrociare punti di vista e tecniche, mettere sul piatto le proprie conoscenze settoriali, speziarle e infine cuocerle con l’obiettivo di trovare soluzioni che siano quanto più democratiche e condivise possibile. Perché solo con pratiche virtuose che fanno bene alla terra si può sperare di smuovere un sistema e cambiare le cose.
Se non hai potuto partecipare all’appuntamento online, non disperare: la registrazione rimarrà disponibile per tutti i cuochi e le cuoche della rete. Guarda l’incontro del 16 giugno 2025.
Nella seconda Cook to Action, grazie al punto di vista di Elena Tassone, Responsabile Marketing di Acqua San Bernardo, siamo partiti dall’acqua e della sua importanza; abbiamo parlato di pizza e poi “scarpinato” fino in Val Formazza per comprendere il reale valore di un carrello dei formaggi ben costruito, e quanto possa raccontare del lavoro, della storia e del territorio che sono dietro un prodotto.
Tra acqua e fuoco: la pizza come atto collettivo
Federica Mignacca, Pizzaiola Anarchica e formatrice dell’Alleanza Slow Food dei Cuochi racconta la pizza come preparazione complessa, manifestazione di identità culturale, ma anche accessibile e popolare. Eppure, i suoi ingredienti sono solo farina, acqua, lievito, sale e – talvolta – un grasso. E poi cosa succede? È l’equilibrio tra questi elementi, insieme alla tecnica di impasto e alla cottura, a definire lo stile della pizza: dalla napoletana classica alla pala romana, dalla teglia, alla pizza nel ruoto… e l’elenco delle varianti regionali potrebbe andare avanti senza posa.
Tra questi ingredienti, l’acqua gioca un ruolo chiave sia per innescare la fermentazione che come elemento di controllo, vivo e caratterizzante.
«L’acqua condiziona la fermentazione, l’assorbimento della farina, la struttura dell’impasto. Il suo pH, il residuo fisso, la durezza, persino la temperatura, influenzano direttamente il risultato finale» spiega Federica.
La qualità dell’acqua impiegata può fare la differenza tra un impasto elastico e uno che non regge la lievitazione. È proprio l’acqua – troppo spesso sottovalutata – a garantire continuità e controllo nel processo, permettendo di interpretare le intenzioni e il contesto e di adattarsi alla tipologia di farina, rustica, integrale oppure da grani locali.
La pizza è quindi pianificazione attenta e tecnica calibrata sulla base delle specifiche condizioni ambientali, ma sarebbe riduttivo pensarla esclusivamente come un composto chimico. No, la pizza è molto più di questo, è un atto comunitario, basato sulla condivisione di ciò che si ha con gli altri, per generare nuova vita, nuovi panificati, nuova energia. Di lieviti esistono due tipologie: il lievito di birra (disidratato o meno, l’importante è che sia naturale) e il lievito madre. Federica si sofferma però su un diverso aspetto della lievitazione e ci racconta della “pasta di riporto”, ovvero quella pratica tradizionale secondo la quale una porzione di impasto già fermentato veniva conservata per le future cotture o donata ad altre famiglie.
«La panificazione, un tempo, era un gesto collettivo. Un pezzo d’impasto passava di casa in casa, creando legami. La fermentazione diventava racconto e memoria». Questa è la dimensione che bisogna restituire al mondo della pizza: non solo un prodotto, ma un progetto. Una pizza, spiega Federica, è frutto di una rete: chi coltiva il grano, chi lo macina, chi produce l’olio, chi raccoglie le erbe o cura i formaggi.
«Ogni ingrediente deve rispecchiare la mia missione come pizzaiola e il territorio che voglio interpretare. Anche questo è storytelling: non è decorazione, ma progettazione gastronomica».
Attraverso scelte tecniche consapevoli – come l’utilizzo di farine locali da piccoli mulini o l’impiego di lieviti naturali – la pizzaiola diventa anche narratrice: racconta la diversità agricola, combatte la standardizzazione del gusto, valorizza i produttori che resistono all’omologazione.
Il prato sotto il piatto: la cucina che protegge
Franco Turaglio, cuoco dell’Alleanza e storico socio Slow Food, non ha dubbi sul fatto che un ottimo piatto nasca per forza da una grande materia prima.
Nel suo ristorante La Nicchia di Cavour, ai piedi delle Alpi tra Val Chisone e Val Pellice, la cucina è un modo per raccontare e proteggere un intero ecosistema: quello dei prati stabili e pascoli, tutelati da un Presidio Slow Food.
La cucina di Franco Turaglio si fa con rispetto, ascolto e anche un po’ di chilometri macinati per salire fino in alpeggio a provare di persona i formaggi che compongono i suoi piatti. In quanto cuoco dell’Alleanza e ambasciatore dei valori di Slow Food, ha scelto di sostenere questi ecosistemi perché sono ambienti che nutrono tanti animali, donano un latte di qualità e di conseguenza tengono in piedi un intero territorio.
«Quando gli animali pascolano, brucano l’erba, calpestano il terreno, lo compattano e lo tengono vivo. Senza di loro, i prati diventerebbero boschi disordinati, e al primo temporale o alla prima nevicata, la montagna verrebbe giù». Franco racconta come il sapore di una toma possa cambiare in base all’altitudine, ai fiori che crescono tra i fili d’erba, al carotene naturale che la vacca assimila pascolando.
«È latte che sa di prato. E un formaggio a latte crudo, di cui si è in grado di sentire il profumo dell’erba, il colore del pascolo».
A chi gli chiede perché il Presidio Slow Food dei prati stabili è così importante per la sua attività, Franco risponde con un aneddoto. Una volta, un apicoltore durante una riunione Slow Food chiese: “Voi sapete perché muoiono le api?” Dopo varie ipotesi, la risposta spiazzò tutti: “Muoiono di fame.”
Il problema è proprio questo, non ci sono più campi in cui fioriscono i fiori, ma tante – troppe – monocolture e sementi che non fioriscono. Se spariscono i prati, sparisce anche tutto il resto. Non solo le api.
Il gusto della fatica giusta
La cucina portata avanti dai cuochi e dalle cuoche dell’Alleanza è una ristorazione militante, per certi versi scomoda, ma di certo giusta. E poco importa se per interpretarla è necessario prendere la macchina, salire a 1100 metri per incontrare una pastora che vive con le sue capre tutto l’anno. Significa raccontare la storia che c’è dietro un piatto e riportarla a chi non ha mai avuto modo di conoscerla o di toccarla con mano.
«Il ristoratore deve avere il coraggio di scegliere prodotti che non scendano a compromessi sulla qualità, ma soprattutto poi deve educare. Accompagnare il cliente, farsi ascoltare, costruire fiducia».
È una cucina che si prende il proprio tempo, che ha il gusto della fatica giusta, della relazione umana. Franco Turaglio, così come Federica Mignacca, hanno raccontato quanto un prodotto sia in grado di costruire un discorso affettivo per creare un legame con chi lo assaggia.
«Un piatto racconta. Racconta un’erba, una stagione, una scelta. E serve a rieducare i sensi. I ragazzi oggi non conoscono più i profumi veri. La città ha tolto il gusto alle cose. Ma possiamo restituirglielo».
Per Slow Food, la cucina è anche questo: un atto politico e culturale, che inizia dal gesto tecnico ma non finisce lì. Lavorare con i prati stabili vuol dire difendere un modello agricolo sostenibile, che custodisce il suolo, la biodiversità e le comunità.
Mangiare bene non basta. Bisogna sapere il perché di quel cibo sulla nostra tavola e la storia di chi lo produce.
Il programma delle Cook to Action è stato creato grazie all’appoggio dei partner del progetto: Arix, Cuki, Paderno, Pastificio Di Martino, Quality Beer Academy, Acqua S. Bernardo e Consorzio Ricrea che in quanto sostenitori del progetto Alleanza Slow Food dei Cuochi ne condividono i valori e gli intenti e che nel corso delle varie formazioni metteranno a disposizione dei partecipanti le proprie conoscenze settoriali.
Le Cook to Action proseguono nella sessione autunnale con due nuovi appuntamenti: a novembre si parlerà di sostenibilità dietro le quinte, o meglio dietro ai fornelli, mentre a dicembre racconteremo il mondo dei cereali, dalla pasta alla birra.
A cura di Arianna Tomassoni, a.tomassoni@slowfood.it