Responsabilità. Il volto giovane della speranza - Azione Cattolica Italiana

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Tra le dodici parole scelte per declinare la speranza nel Giubileo 2025, una risuona con particolare forza e urgenza: responsabilità. A prima vista può sembrare una parola “adulta”, pesante, legata al dovere, quasi una consegna gravosa. Ma se la si guarda con occhi nuovi – occhi giovani – ci si accorge che è invece una parola viva, generativa, creativa. Una parola capace di trasformare la realtà.

Responsabilità è, innanzitutto, rispondere. Rispondere a una chiamata. Alla vita che ci interpella. Alla fede che ci provoca. Agli altri che ci attendono. È uscire dalla zona grigia dell’indifferenza per assumere con libertà e audacia un compito, un ruolo, una missione. Non da soli, ma insieme. Perché la responsabilità non è mai solitaria: è relazione, è fiducia, è reciprocità.

Giovani: il futuro vivo e profetico della Chiesa

Papa Francesco lo ricordava spesso: i giovani non sono solo “il futuro della Chiesa”, ma il suo presente vivo e profetico. Sono chiamati a essere voce e volto della speranza, non tra dieci anni, ma ora. E responsabilità, per un giovane credente, significa diventare artigiano di speranza, costruttore paziente di un mondo più giusto e umano, testimone di un Vangelo che si incarna nelle periferie della storia.

Concetti cari anche a Leone XIV – non viera alcun dubbio – in questo inizio di pontificato: “la responsabilità” di essere discepoli attivi di Cristo, impegnati “ad annunciare il Vangelo e ad amare il prossimo” rende tutti ed in particolare i giovani “agenti di cambiamento e di speranza nella società”, e per questo serve “una vita di preghiera e di amicizia con Dio”.

Lo dimostrano le scelte concrete del Giubileo dei Giovani: non solo liturgie e momenti di festa, ma anche servizio, prossimità, ascolto. L’esperienza di fede si fa tangibile nelle mense per i poveri, nei centri per i senzatetto, tra gli anziani, nei luoghi segnati dalla solitudine o dalla marginalità. Perché la speranza non si predica soltanto: si condivide, si moltiplica, si mette in circolo con gesti umili e quotidiani.

Essere responsabili oggi significa andare contro corrente

Essere responsabili oggi, in una società che spesso propone solo scorciatoie, individualismi e forme di evasione, significa andare controcorrente. Significa non cedere alla rassegnazione, al cinismo, alla logica del “tanto è tutto inutile”. Vuol dire prendersi cura della propria interiorità – riconoscendo le ferite, i limiti, i desideri veri – e, allo stesso tempo, uscire da sé per farsi carico del grido degli altri. È un gesto profondo, al tempo stesso spirituale, etico e sociale. È accogliere la domanda che Dio rivolge a Caino – “Dov’è tuo fratello?” – e decidere di non sfuggire, di non voltarsi dall’altra parte.

Responsabilità è anche non spegnere la luce della speranza in chi si sente ai margini, escluso, smarrito. È essere prossimi a chi ha perso fiducia, a chi non riesce più a credere che il domani possa essere diverso. È vivere la fede come lievito di trasformazione, come energia che genera comunione, cura, fraternità. In particolare, è dire “eccomi” ogni giorno, nelle scelte grandi e in quelle invisibili, dove la coerenza con il Vangelo prende forma concreta.

Responsabilità: non è un peso che schiaccia, ma una fiducia che solleva

Per questo, la responsabilità è una parola che parla alla giovinezza. Non è un peso che schiaccia, ma una fiducia che solleva. Non è un compito imposto, ma una chiamata accolta. È la forma più alta della libertà, quella che non si chiude nel proprio interesse, ma si apre alla vita dell’altro. È dire sì a un futuro da costruire insieme, con coraggio, con passione, con perseveranza.

Durante questo Giubileo, ciascun giovane è chiamato a chiedersi con onestà e cuore aperto: a cosa sento di dover rispondere oggi? Quale responsabilità mi è affidata per far crescere speranza intorno a me? Non ci sono risposte preconfezionate. Non verranno da un manuale, ma da un incontro, da un cammino, da un gesto gratuito che si fa segno di una presenza.

In un tempo segnato da incertezze globali e fragilità personali, da crisi ambientali, conflitti, disuguaglianze e smarrimenti interiori, la responsabilità è il nome nuovo della speranza. Non qualcosa da delegare ad altri, ma da incarnare in prima persona, nella concretezza della vita di ogni giorno.

Perché la speranza non è un sentimento vago, ma una strada da percorrere. E il primo passo, oggi, si chiama responsabilità.

Recapiti
Antonio Martino