la sindrome dell’impostora e la perfetta Parisienne – Chiacchiere Letterarie

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Mercoledì 27 agosto 2025

Le vacanze in Francia sono finite e sono ufficialmente una studente dell’ENC-PSL!

Con tanto di certificato di scolarità da riguardare nel caso mi venisse il dubbio di essermelo sognato. Sarò sincera, una parte di me continuava a pensare che la conferma non sarebbe arrivata, che mi sarei svegliata una mattina e avrei scoperto che in realtà era tutto un grande scherzo e che non c’era una scuola a Parigi ad attendere il mio arrivo. Credo c’entri la sindrome dell’impostora, la convinzione di non meritare davvero le cose che mi capitano e il temere che qualcosa possa arrivare, in qualunque momento, a sottrarmele.

Be’, almeno per ora l’impostora che è in me può tornarsene nel suo cantuccio ad osservare mentre metto in fila gli ultimi pezzetti del complicato puzzle che è un trasloco in un altro Stato. A mettermi un po’ in crisi, in questo momento, è una cosa effettivamente stupida ma che mi sta letteralmente mandando ai matti: cosa mi porto dietro a Parigi? Ho come l’impressione che questo sia un problema ben più grosso di quelli che sono solita affrontare, perché significa porsi un’altra domanda cruciale legata a questa città con l’aura immortale: come ci si veste a Parigi?

E lo so, lo so, probabilmente ora riderete perché tutto sommato è un problema stupido, ma io mi ci sto arrovellando da giorni senza trovare una risposta. Il problema è che tutto – film, serie tv, riviste, Instagram – ci educa che a Parigi ci si veste in un certo modo pena l’esclusione sociale, e io non sono sicura di riuscire a calarmi davvero nei panni della perfetta Parisienne.

Così, oggi mi lancio in una ricerca online, e aprendo il primo risultato di Google alla ricerca “outfit Parigi” leggo:

Anche se Parigi è la culla dell’alta moda, la realtà è molto più semplice. Il motto che, senza dubbio, identifica meglio lo stile parigino è “less is more”. Come diceva Coco Chanel: “Prima di uscire, guardatevi allo specchio e toglietevi qualcosa”. Lo stile parigino prevede pochi elementi chiave nell’abbigliamento e una ricca dose di carattere da esprimere. Si gioca tutto sui dettagli: un trench impeccabile, una sciarpa portata con disinvoltura, scarpe curate, e pochi colori – nero, beige, blu navy e grigio sono i veri protagonisti. A Parigi la moda non è ostentazione, ma qualità e sobrietà, un’armonia tra praticità e bellezza.

Che letta così sembra pure facile, ma poi una ci si sofferma e i dubbi sciamano come mosche: cosa significa pratico ma bello? O sobrio ma di qualità? E poi davvero non si usano altri colori oltre il nero, il beige, il blu e il grigio? Il mio animo da metereopatica annichilisce all’idea di non poter mettere un po’ di vita e colore alle tremende giornate tutte grigie che mi aspetteranno nei mesi invernali – per fortuna vengo da Pisa e alla pioggia perenne sono abituata, altrimenti questa sarebbe un’altra delle cose da temere.

E sì, sono solo stupide indicazioni di un sito qualunque online, e nella realtà la gente si veste come vuole. Ma mettiamo il caso che qualcosa di quello che leggo online sia vero, e che arrivo il primo giorno di università vestita come al mio solito con la prima cosa pescata dall’armadio appena sveglia – quando la mia mente fa tutto tranne funzionare come dovrebbe – e vengo bollata subito come provinciale. E poi come ne esco da quel marchio infamante? Me lo porto dietro per tutto l’anno! E come faccio a tappezzare il mio Instagram di splendide foto di me in posa davanti ai monumenti se non posso neanche indossare il mio adorato basco francese perché in realtà, a Parigi, è considerato un segno inequivocabile di turisticità e cafoneria, a meno di portarlo “con tale disinvoltura che quasi neanche lo noti”, qualunque cosa questo voglia dire? Sono sinceramente demoralizzata, ve lo confesso.

Guardo il mio armadio e penso che questo sia il vero scoglio che dovrò superare per portare a termine con successo questa avventura: non l’ambientarmi e fare amicizia, non il superare esami e seminari, non la scrittura e la discussione della tesi in una lingua che non è la mia; bensì capire davvero, con l’anima, cosa diamine significa essere una vera parigina, e imparare dunque come “essere imperfetta, spettinata ed elegante” in ogni occasione. Chi lo sa, magari tornerò a Pisa tra un anno e vi saprò dire. Sullo spettinata comunque parto bene, queste vacanze stanno avendo un effetto preoccupante sui miei capelli. Per questo il basco sarebbe ottimo, mannaggia a loro.

La perfetta Parisienne secondo i social (non ci siamo molto vicini, mi tocca ammetterlo…)
Recapiti
Denise