Lo studio nasce per chiarire i meccanismi molecolari alla base della patologia e può rappresentare un punto di partenza per il futuro sviluppo di terapie mirate
Capire cosa accade nei geni dei pazienti affetti dalla sindrome di Pierpont (PRPTS) per aprire la strada a terapie mirate: è questo l’obiettivo del progetto “DROP OUT”, finanziato dalla Fondazione Cariplo e partito all’inizio di settembre. Una ricerca ambiziosa che mette insieme clinica e laboratorio per far luce su una malattia genetica ultra-rara, che colpisce meno di un caso per milione di abitanti. “Quella di Pierpont è una sindrome caratterizzata da ipotonia, ritardo di sviluppo, epilessia, dismorfismi del volto e peculiari cuscinetti adiposi a carico di mani e piedi”, spiega la dott.ssa Donatella Milani, genetista della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. “La causa risiede nelle mutazioni del gene TBL1XR1, codificante per una proteina che inibisce l’espressione di altri geni”.
“La sindrome di Pierpont rientra in un gruppo di patologie con caratteristiche simili, chiamate cromatinopatie. Le mutazioni ad oggi riportate nei pazienti con PRPTS sono tutte di uno stesso tipo e alterano uno specifico dominio proteico – prosegue Milani – ma di recente sono state descritte anche mutazioni di diverso genere, associate ad altri quadri clinici neurologici (schizofrenia, disordini dello spettro autistico o sindrome di Rett, un’altra cromatinopatia), suggerendo che alla base di questa malattia vi siano dei processi biologici ancora ignoti”.
Nato proprio per approfondire i meccanismi molecolari all’origine della sindrome di Pierpont, il progetto DROP OUT (Disclosing the role of Pierpont syndrome associated mutations in TBL1XR1), può costituire un punto di partenza essenziale per lo sviluppo futuro di terapie mirate. A guidare lo studio sarà la dott.ssa Elisabetta Di Fede, dell’Università degli Studi di Milano, che ha vinto il Bando Giovani Ricercatori 2024 della Fondazione Cariplo, in collaborazione con la prof.ssa Cristina Gervasini. “L’apporto delle colleghe biologhe è assolutamente essenziale per questo progetto”, sottolinea Donatella Milani. “Da molti anni abbiamo costruito una collaborazione solida che ci permette di integrare l'esperienza clinica con le competenze di laboratorio più avanzate. Solo attraverso questo approccio multidisciplinare possiamo sperare di fare luce sui meccanismi complessi alla base di una patologia così rara”.
A sostegno del progetto c’è anche la grande esperienza clinica dell’ambulatorio di Genetica pediatrica del Policlinico Ca’ Granda, dove la dott.ssa Milani segue oltre 200 pazienti affetti da cromatinopatie, comprese alcune famiglie che fanno capo all’Associazione Italiana Sindrome di Pierpont. “Nello specifico, il progetto DROP OUT si pone l’obiettivo di differenziare, tramite tecniche di ingegneria genetica e trascrittomica, l’effetto delle mutazioni che determinano la sindrome di Pierpont da quello delle alterazioni genetiche che sono alla base di altre condizioni associate al gene TBL1XR1”, chiarisce la genetista. “Un secondo obiettivo è quello di valutare le conseguenze di queste varianti genetiche sul neurosviluppo, attraverso test in vitro (analisi di neuroni corticali e progenitori neuronali ottenuti da cellule staminali pluripotenti indotte ricavate da pazienti con sindrome di Pierpont) e in vivo (generazione del primo modello animale della malattia, basato su esemplari di pesce zebra, o Danio rerio).
“Quando abbiamo saputo che la dott.ssa Di Fede aveva vinto il bando della Fondazione Cariplo con il progetto DROP OUT, noi famiglie abbiamo provato una grandissima gioia”, commenta Laura Bertolotti Colombi, mamma di un bambino con PRPTS e presidente e fondatrice dell’Associazione Italiana Sindrome di Pierpont. “Questo studio rappresenta una speranza per il futuro dei nostri figli. Riponiamo grande fiducia nei medici e nei ricercatori che lavoreranno al progetto e speriamo che si trovi una cura mirata che possa migliorare le condizioni di vita dei nostri figli, anche se ogni bambino affetto da sindrome di Pierpont ha caratteristiche uniche e diverse rispetto agli altri. Vivere il quotidiano non è facile con questa patologia: devi cercare di sopravvivere ogni giorno”.
Per le famiglie che hanno un figlio con sindrome di Pierpont la ricerca scientifica è fondamentale. “Ci sono circa 300 casi di PRPTS nel mondo e 10 in Italia”, dice ancora Laura Bertolotti Colombi. “Noi familiari ci sosteniamo sempre a livello globale, nonostante le lingue diverse: comunichiamo attraverso i social, i gruppi Whatsapp, gli incontri online e, qualche volta, anche dal vivo, come durante il meeting organizzato dalla Fondazione statunitense Fly Little Bird lo scorso maggio, presso il Massachusetts General Hospital di Boston. La ricerca va sostenuta sempre”, conclude la presidente dell’Associazione Italiana Sindrome di Pierpont. “Non sono soldi buttati, come a volte ci sentiamo dire; sono soldi spesi bene, che possono contribuire a migliorare la vita dei nostri bambini”.