Le immunoglobuline possono essere somministrate in due modalità principali: per via endovenosa (IVIG) e per via sottocutanea/intramuscolare (SC/IM). Entrambe hanno un ruolo terapeutico fondamentale, ma la disponibilità e il livello di autosufficienza in Italia sono molto diversi.
Nel 2023, la domanda di immunoglobuline è stata dominata dalle formulazioni endovenose (IVIG), che hanno rappresentato circa il 92% del totale. Queste sono preferite soprattutto in ospedale, nei trattamenti acuti o nei pazienti che necessitano di dosi elevate in tempi rapidi. L’Italia ha raggiunto per questa tipologia un livello di autosufficienza effettiva pari al 76%, un risultato migliore rispetto alla media complessiva.
Le immunoglobuline sottocutanee/intramuscolari (SC/IM), invece, hanno registrato una domanda pari a circa il 22% del totale (alcuni pazienti utilizzano entrambe le vie). Questa forma è molto importante perché consente terapie più comode e gestibili a domicilio, con minore impatto sulla vita quotidiana dei pazienti. Tuttavia, proprio qui emerge la criticità più grande: l’Italia ha raggiunto solo il 17% di autosufficienza effettiva per le SC/IM, segnalando una forte dipendenza dall’importazione.
Questa differenza crea un paradosso per i pazienti: chi ha necessità cliniche che richiedono IVIG trova una maggiore disponibilità di farmaco nazionale, mentre chi beneficia delle SC/IM (più spesso pazienti cronici con immunodeficienze o neuropatie autoimmuni) rischia di essere maggiormente esposto a carenze o ritardi.
Garantire una copertura adeguata per entrambe le tipologie è fondamentale per rispettare il principio di personalizzazione della cura: non tutti i pazienti rispondono allo stesso modo e la scelta della via di somministrazione deve dipendere dal bisogno clinico, non dalla disponibilità di mercato.
Per migliorare la situazione occorre aumentare la raccolta di plasma e sviluppare strategie di produzione che bilancino meglio la distribuzione delle due tipologie di immunoglobuline. Solo così sarà possibile garantire un accesso equo a tutti, indipendentemente dal tipo di trattamento prescritto.