Le immunoglobuline rappresentano una terapia salvavita, ma l’Italia – come molti altri Paesi – non è autosufficiente e deve ricorrere in misura significativa alle importazioni.
Nel 2023, una quota rilevante del fabbisogno di immunoglobuline è stata coperta attraverso l’acquisto sul mercato internazionale. Questo riguarda in particolare le formulazioni sottocutanee/intramuscolari e le immunoglobuline specifiche (come quelle anti-rabbia, anti-D, anti-CMV, anti-epatite B, anti-tetano). Questi prodotti, essenziali in ambiti specialistici e in situazioni di emergenza, sono disponibili quasi esclusivamente tramite importazione, poiché non rientrano nei contratti di conto-lavorazione con plasma nazionale.
La dipendenza dall’estero comporta numerosi rischi:
- Vulnerabilità del mercato: il plasma è una risorsa limitata a livello globale, e molti Paesi produttori tendono a riservarne prioritariamente l’uso interno.
- Carenze improvvise: crisi produttive, interruzioni logistiche o decisioni commerciali delle aziende multinazionali possono tradursi in ritardi di fornitura.
- Aumento dei costi: l’acquisto dall’estero avviene a prezzi di mercato, spesso più elevati rispetto al costo della produzione nazionale tramite plasma da donatori italiani.
- Disparità territoriali: le regioni più organizzate riescono ad approvvigionarsi meglio, mentre altre rischiano più facilmente interruzioni.
Per i pazienti, tutto questo si traduce in una realtà preoccupante: la continuità terapeutica dipende da decisioni e dinamiche che non sono sotto il controllo nazionale. Un blocco nelle esportazioni o una riduzione della disponibilità internazionale potrebbe avere conseguenze dirette sulla salute di chi necessita delle immunoglobuline per vivere.
Questa situazione sottolinea l’urgenza di rafforzare la raccolta di plasma in Italia e di migliorare la pianificazione strategica per ridurre la dipendenza dal mercato estero. Ogni passo verso una maggiore autosufficienza contribuisce a proteggere i pazienti da rischi legati a fattori esterni.