Con la risposta n. 270 del 23 ottobre 2025, l’Agenzia delle Entrate ha fornito un importante chiarimento sul trattamento fiscale dei rimborsi chilometrici riconosciuti ai professionisti.
Il quesito nasce da un interpello presentato da un consulente che aveva addebitato al proprio committente un rimborso calcolato in base ai chilometri effettivamente percorsi e a una tariffa concordata, regolarmente indicato in fattura e assoggettato a IVA. Il professionista chiedeva se tali somme potessero essere escluse dalla ritenuta d’acconto, ritenendole un rimborso “analitico” delle spese sostenute per l’esecuzione dell’incarico.
L’Agenzia, dopo aver richiamato le modifiche introdotte dal D.lgs. n. 192 del 2024 agli articoli 54 e 54-ter del TUIR, ha precisato che l’esclusione dal reddito imponibile vale solo per i rimborsi analiticamente documentati e distinti in fattura, relativi a spese effettivamente sostenute e comprovate da idonea documentazione.
Nel caso in esame, il rimborso chilometrico, sebbene basato su parametri oggettivi (distanze e tariffe), non costituisce un rimborso “addebitato analiticamente” in senso tecnico, poiché manca una prova diretta delle spese sostenute (ad esempio ricevute o scontrini carburante).
Pertanto, secondo l’Agenzia, tali importi concorrono alla formazione del reddito di lavoro autonomo e devono essere assoggettati alla ritenuta d’acconto prevista dall’articolo 25 del D.P.R. 600/1973.
La risposta conferma così l’orientamento volto ad evitare che i rimborsi forfettari diventino una forma di compenso mascherato. Solo i costi realmente sostenuti e documentati possono essere esclusi dal reddito imponibile.
Un chiarimento che interessa migliaia di professionisti, dai consulenti ai tecnici, che quotidianamente addebitano spese di trasferta ai propri clienti.
Redazione redigo.info