La terza parte del documento approvato dall’Assemblea sinodale, dedicata alla corresponsabilità nella missione e nella guida della comunità, descrive con chiarezza il punto di partenza e l’orizzonte del cammino che abbiamo vissuto in questi anni.
Richiama il metodo e la forma con cui le nostre comunità – parrocchiali, zonali, diocesane, associative – sono chiamate a vivere per rispondere meglio al compito “di generare esperienze di vita cristiana e di educare alla partecipazione e al bene comune attraverso l’ascolto e l’annuncio della Parola, la celebrazione eucaristica, la preghiera comune, la fraternità e la solidarietà” (n. 68 del Documento sinodale).
Essere Chiesa corresponsabile per essere Chiesa missionaria
Questo ci ricorda un aspetto essenziale: la forma di Chiesa che il cammino sinodale intende costruire non è fine a sé stessa, ma serve a rendere più autentico e credibile l’annuncio del Vangelo oggi.
In altre parole, essere Chiesa corresponsabile per essere Chiesa missionaria: la sinodalità non è soltanto un esercizio di rinnovamento istituzionale, ma una via concreta per l’annuncio cristiano.
Con questo orizzonte, i numeri e le proposte di questa sezione ci portano su un terreno che, per chi vive l’esperienza dell’Azione Cattolica, appare quanto mai familiare. Papa Francesco ci ha definiti una “palestra di sinodalità”, e proprio per questo oggi siamo chiamati, ancora di più, a metterci in gioco nell’attuazione del cammino sinodale, offrendo quanto abbiamo maturato come associazione: riflessioni, esperienze, strumenti di partecipazione e corresponsabilità.
La necessità di una prospettiva unitaria
I diversi temi affrontati in questa parte del documento – ministeri istituiti e di fatto, organismi di partecipazione, ruolo della donna, gestione economica condivisa, comunità rette da famiglie, diaconato, fraternità presbiterali, e altri ancora – vanno letti in una prospettiva unitaria.
Sbilanciarsi solo su uno di questi aspetti rischierebbe di ridurre la sinodalità a un semplice spostamento di ruoli: un’autorità che passa da una persona all’altra, senza generare vera partecipazione.
Il documento stesso mette in guardia da questo rischio, ricordando che il clericalismo può annidarsi anche nei laici. Elaborati insieme, invece, questi punti possono condurci verso una Chiesa realmente sinodale, in cui il rapporto tra autorità e partecipazione si armonizza nella corresponsabilità differenziata, dove ciascuno assume un compito secondo il proprio ministero e in virtù del munus battesimale.
Il documento riconosce che la presenza di associazioni e movimenti è essenziale per la corresponsabilità ecclesiale. Mi verrebbe da dire – anche se non è esplicitato – che lo è a maggior ragione quella dell’Azione Cattolica.
In questo tempo di trasformazione, la nostra associazione può contribuire ad assicurare che la corresponsabilità sia davvero di tutti e non di pochi, aiutando a superare ogni rischio di autoreferenzialità e favorendo un autentico ricambio di responsabilità a ogni livello della vita ecclesiale.
L’importanza della presenza associativa nei territori
Seguendo quanto indicato al n. 68, e guardando in particolare alle realtà territoriali del Piemonte e della Valle d’Aosta, che conosco meglio, siamo già immersi in una riconfigurazione territoriale che comporta scelte impegnative, tra cui la riduzione del numero delle parrocchie. Anche in questo processo l’Azione Cattolica può svolgere un ruolo prezioso: la presenza associativa, anche nelle comunità più piccole, può contribuire a tenere viva la vita ecclesiale e a favorire legami tra parrocchie vicine. In alcuni casi, proprio le associazioni territoriali possono diventare laboratori di collaborazione e di comunione, sostenendo un cammino comune che renda visibile una Chiesa più corresponsabile e più missionaria.
Occorrerà poi comprendere come mettere in relazione la “singolare forma di ministerialità laicale” che è l’Azione Cattolica con quanto indicato al n. 72 del documento, in riferimento all’istituzione dei vari ministeri.
Sarà importante avviare un dialogo proficuo da cui possano nascere collaborazioni concrete tra l’associazione e le diocesi, sia nella formazione dei ministri sia nella progettazione del loro servizio nelle comunità.
Al tempo stesso, l’AC servirà al meglio la Chiesa italiana se saprà “fare bene l’associazione”, valorizzando le caratteristiche del proprio progetto formativo e le proposte di evangelizzazione rivolte a tutte le fasce d’età.
Il futuro della Chiesa passa attraverso la capacità di ciascuno di mettersi in gioco, di ascoltare e di condividere il cammino. Se la corresponsabilità è davvero la forma di una Chiesa missionaria, allora il contributo dell’Azione Cattolica è quello di continuare a educare alla comunione, a costruire legami, a mostrare che l’essere insieme non è un peso, ma una gioia che genera vita nuova per le nostre comunità.