Quando il turismo cresce senza regole espelle le città da sé stesse - Marketing Italia

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Quartieri che diventano alloggi temporanei. Botteghe espulse da souvenir e fast food. È questo il futuro delle città d’arte italiane?

di Ruben Santopietro

Per anni ci siamo raccontati che l’Italia potrebbe “vivere solo di turismo”. Una frase seducente, ripetuta con leggerezza, che ha alimentato un’idea sbagliata, che bastasse attirare più persone possibile per generare sviluppo. Il problema è che in molte città il turismo è stato messo davanti a tutto. Alla residenzialità, al commercio, ai servizi, alla qualità della vita dei suoi abitanti.

Ma oggi, guardando cosa sta accadendo nei centri storici italiani ed europei, è chiaro che non possiamo più permetterci quella semplificazione.

Negli ultimi dieci anni, in molte grandi città il mercato immobiliare ha corso più velocemente delle politiche pubbliche. Secondo Idealista, gli affitti nelle principali città italiane sono aumentati tra il 20 e il 35 per cento negli ultimi quattro anni, mentre nel frattempo migliaia di abitazioni sono state sottratte alla residenzialità e convertite alla rendita breve.

Napoli: la mappa di Inside Airbnb che censisce le locazioni turistiche è impressionante. Il 76,5% delle strutture extralberghiere si concentra in sole tre municipalità.

Inside Airbnb lancia l’allarme, la situazione appare fuori controllo in città come Napoli, Milano, Roma, Venezia, ma anche Barcellona, Lisbona e Porto. Non è la colpa dei singoli, ma l’effetto di scala di un mercato lasciato senza regole chiare. Continuare a ignorarlo significa rinunciare a governare il cambiamento che è già in corso.

A Firenze ad esempio, gli affitti brevi sarebbero arrivati a 13.043. Nel 1981 la città contava 448.331 residenti, nel 2025 sono 365.756. In una città che ha già perso oltre 80.000 residenti dagli anni ’80 ad oggi, la crescita della rendita breve rischia di diventare l’acceleratore finale di questo processo.

Parallelamente, in molti centri storici europei è scomparsa una parte significativa del commercio quotidiano. A Barcellona, nell’area della Sagrada Família, The Times ha contato 41 negozi di souvenir contro un solo pescivendolo. Lisbona a causa dello stesso problema ha creato un programma nazionale per proteggere le botteghe storiche. La Catalogna ha legiferato sul patrimonio commerciale tradizionale.

L’OCSE ha definito la pressione turistica “uno dei principali fattori di tensione sui mercati abitativi urbani”. I motivi sono evidenti, quando un quartiere perde le sue funzioni ordinarie, perde anche la sua identità. E quando perde la sua identità, diventa intercambiabile con qualunque altra destinazione.

Il turismo, che dovrebbe essere un motore di valore, finisce così per erodere proprio ciò che lo rende possibile. Negli ultimi mesi ho avuto modo di parlarne in molte sedi, dalla stampa italiana ai media internazionali. Ma la domanda resta, ha ancora senso far finta che tutto questo sia “normale”?

Non è questione di essere contro il turismo. È questione di governarlo.

E c’è un punto spesso dimenticato, il turismo non è un fenomeno unico. Esistono modelli diversi, alcuni capaci di generare valore, altri di eroderlo. La soluzione non è ridurre il turismo, ma distribuirlo, diversificarlo, farlo respirare oltre quell’1 per cento del Paese dove oggi si concentra la maggior parte dei flussi. Significa far esistere molte Italie, non una sola.

Come CEO di Visit Italy, negli ultimi anni ho visto decine di territori scegliere una strada diversa. Insieme a tutto il team abbiamo accompagnato molte destinazioni minori, dai piccoli comuni alle aree interne, a costruire una nuova narrazione capace di attrarre visitatori senza snaturare la vita dei residenti.

È un lavoro lento, ma necessario, che riporta economia, attenzione e servizi anche dove per anni c’è stato solo silenzio.

Nel 2026 lanceremo Luminous Destinations, un premio che nasce come risposta culturale all’overtourism e che vuole accendere una luce sui territori meno conosciuti, sostenendoli nel diventare alternative credibili ai circuiti saturi.

Le città possono avere turisti. Ma i turisti non possono avere le città.

L’Italia del futuro dovrebbe partire da questa constatazione semplice. Nessun luogo può prosperare se i residenti non vengono messi al centro. Questo significa introdurre limiti chiari nelle aree dove la pressione turistica sta erodendo la vita quotidiana, riportare funzioni residenziali, commerciali e culturali nei quartieri storici.

Tutelare artigiani e botteghe che rappresentano una parte concreta della nostra identità ed evitare che l’assenza di regole permetta a una monocultura turistica di diffondersi come una malattia, dai primi quartieri colpiti al resto della città.

Non è una battaglia contro il turismo. È una battaglia per difendere ciò che lo rende possibile. Barcellona, Amsterdam, Lisbona e New York stanno già seguendo questa strada, perché hanno compreso che un mercato senza limiti finisce per distruggere il proprio terreno.

L’Italia può fare molto meglio

Può diventare un faro per l’Europa nella costruzione di città in cui i lifers (le persone che restano) tornano a essere il riferimento. Quartieri che non funzionano solo d’estate o nei fine settimana, ma ogni giorno dell’anno.

Commercio di vicinato che non viene espulso dal margine di profitto, ma riconosciuto come infrastruttura culturale e sociale. Spazi pubblici puliti, vivibili, accessibili. Un equilibrio tra residenza, lavoro, cultura e accoglienza.

E soprattutto, un turismo che ritrova il motivo per cui sceglie questo Paese: comunità vive, luoghi autentici, tradizioni che esistono perché qualcuno le custodisce. L’Italia del futuro non deve essere un’Italia che respinge i visitatori, ma un’Italia che li accoglie meglio, perché prima di tutto protegge sé stessa.

Ruben Santopietro

Imprenditore e CEO di Visit Italy, piattaforma culturale indipendente che racconta l’Italia lontano dai riflettori. Da anni lavora nel marketing territoriale, accompagnando destinazioni e comunità a costruire nuove narrazioni. È stato intervistato da BBC, CNN e Skift come una delle voci italiane più autorevoli sul turismo. Nel tempo libero coltiva la passione per l’arte, le due ruote e l’esplorazione dei luoghi più affascinanti del mondo.

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Ruben Santopietro