La globalizzazione, che speravamo significasse estensione globale dei diritti umani, è stata invece asservita a interessi economico-finanziari monopolisti e ha determinato l’abbattimento totale di frontiere e regole per lo spostamento da un capo all’altro del mondo di capitali e merci e, purtroppo, anche di essere umani.
Oggi, su questo Pianeta, quasi un miliardo di sorelle e fratelli muoiono di fame per povertà, non per scarsità: un terzo del cibo è sprecato e con quel terzo sfameremmo quattro volte chi non ha regolare accesso al nutrimento. La fame è, in parte, la conseguenza del diritto negato a determinare le proprie politiche agricole e alimentari, dunque alla sovranità alimentare.
La politica, soprattutto per quanto riguarda il cibo, deve rimettere al centro il bene comune dei popoli che rappresenta. E non lo sta facendo. E allora coltiviamo un orto perchè “se hai un orto e una biblioteca non ti serve nient’altro”, diceva Cicerone. Coltivare un orto è un modo semplice, poetico, concreto e rivoluzionario per esercitare la libertà.
Nello spazio della libertà orticola conosco la biodiversità, costruisco un corretto rapporto col cibo, svolgo un ruolo di grande responsabilità in un ecosistema complesso e capisco la fondamentale importanza di preservare le risorse necessarie e comuni, suolo fertile e risorsa idrica in primis.
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