Anche quest’anno con San Giuseppe il Movimento Lavoratori di Azione Cattolica (Mlac) vive un momento di festa. In questo giubileo della speranza San Giuseppe ci accompagna di porta in porta per varcare la soglia dell’accoglienza e della speranza.
Nel segno dell’accoglienza, dell’incontro fraterno e festoso della vita quotidiana del lavoro l’equipe Mlac ha vissuto la festa di San Giuseppe insieme agli amici del Mlac della diocesi di Oppido Mamertina -Palmi in Calabria. Una giornata di festa vissuta di porta in porta, come pellegrini, accolti in diverse realtà lavorative della piana di Gioia Tauro. Esperienze diverse ma unite nel segno della speranza, del lavoro dignitoso che mette al centro le persone, legato al proprio territorio. Attraverso una stretta strada di campagna siamo arrivati a uno dei terreni confiscati alla mafia affidati alla cooperativa “Contadinanza necessaria”. Accolti da Nino Quaranta e dal suo socio-lavoratore Lamin, arrivato in Italia qualche anno fa. Tutto può diventare strumento di riscatto sociale e segno di speranza
Il racconto di Nino ci ha presentato l’impegno per un’agricoltura che rispetta la natura, rigorosamente biologica, ma anche nel segno del rispetto dei diritti e della dignità di ogni essere umano. Una vera missione che va oltre interessi personali, politica o guadagni, ma vivere per lasciare un segno su questa terra. La credibilità e l’impegno della sua cooperativa per la collettività portati avanti nella legalità, con passione e rispetto sono riconosciuti da tutti e nuovi progetti si aggiungeranno a quelli agricoli legati ai terreni in gestione, perché altri beni confiscati saranno dati.
Strumenti di riscatto sociale e segni di speranza
Tutto può diventare strumento di riscatto sociale e segno di speranza, in contrasto con la presenza della tendopoli di San Ferdinando, un vero e proprio ghetto, dove vivono centinaia di braccianti sfruttati nei campi e in una condizione inaccettabile per un essere umano. Il lavoro dignitoso, inclusivo è possibile invece, e si snoda nel racconto di Nino, nella sua passione per l’uomo e per la terra. La “contadinanza” come spazio di riscatto nel lavoro e nella conoscenza per chi è ai margini, perché quei margini non siano ghetti ma soglie.
Sotto il sole della calda giornata di marzo Nino avrebbe continuato a raccontare ma il nostro pellegrinare continua e si è spostato in una realtà lavorativa che si trova nella nell’area industriale di Gioia Tauro. Il porto sullo sfondo con la sua scacchiera di container, delimita una vasta area industriale, fatta di capannoni e immensi parcheggi, immersi in un silenzio e un senso di immobilità. Del resto è sabato, abbiamo pensato, e anche la ditta dell’azienda “Gioia succhi srl” non è in produzione. Ma nel piazzale il titolare e tutti i dipendenti ci hanno accolto per mostrarci il sito produttivo e farci iniziare la visita immersi in un avvolgente odore di agrumi. Un’azienda che trasforma il prodotto principe di queste terre: le arance e non solo, per la produzione di succhi e semilavorati sia per l’industria agroalimentare sia anche la nutraceutica, quindi cosmesi.
La risorsa primaria sono i dipendenti
Un processo innovativo grazie alla collaborazione con l’università per riutilizzare tutto il prodotto, creando valore anche da ciò che sarebbe stato scarto prima. Prodotti del territorio, che attraverso una sapiente attenta e lavorazione di qualità, hanno una rete di distribuzione che raggiunge anche l’oltreoceano. Una storia di caparbietà e professionalità impastata con i sapori della terra ma soprattutto di riconoscimento della risorsa primaria che sono i dipendenti. Il titolare ha ricordato che sono la vera forza e sono loro ad essere ascoltati per primi per verificare l’attività dell’azienda, lavoratori di diverse nazionalità, tradizioni religiose che ne sono il valore aggiunto.
Solo il legame con il territorio, la passione che mette al centro le persone sono rimaste in questa landa semi-desolata. Dove queste imprese invece arrivano in ogni parte del mondo. Luoghi che diventano soglie che possono aprire alla speranza raccontata da queste attività aziendali virtuose. Luoghi dove nell’Eucaristia celebrata, con il vescovo Alberti nel piazzale dell’azienda Allera, si impasta e si redime l’umano. Nel Vangelo che indica nel lavoro nuove dinamiche di alleanze, fraternità e unione.
La porta dell’azienda di Cosimo Allera ci ha fatto entrare in uno spazio di arte e creatività. L’azienda “Allera”, si occupa di servizi presso il porto oggi, ma ha una lunga storia familiare. Cosimo ci ha raccontato come ha affrontato le diverse crisi ma è rimasto in questo territorio e continua a investire sulla formazione ai giovani. Anzi, è con gli uffici in questa area industriale. Dove non arriva neanche la fibra, e anche l’illuminazione delle strade fra questi capannoni è stata una battaglia lunga. Infatti, le strade non erano deserte perché sabato, ma perché molti capannoni sono vuoti. Dato che molte realtà avevano aperto con gli incentivi per le aree dismesse, ma poi hanno chiuso lasciando questi luoghi.
Dal Mlac, buona festa di S. Giuseppe!